La crescita e lo sviluppo dello sport equestre nel mondo arabo a tutti i livelli (praticanti, organizzazione, mercato, strutture, eventi… ) non sono più certo una novità, sebbene al cospetto dell’intera storia dell’equitazione sportiva dalle origini a oggi – diciamo quanto meno dagli inizi del Novecento – possano essere considerati come fenomeni relativamente ‘nuovi’.
Oggi soprattutto in Paesi quali il Qatar, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Marocco, l’Egitto lo sport equestre – ma in particolare il salto ostacoli – ha raggiunto valori importanti non solo nel numero di atleti protagonisti in gara – resta da vedere quale sia l’effettiva diffusione a livello di base, probabilmente non così ampia in proporzione – ma anche in termini di organizzazione di grandi eventi agonistici: prova ne sia il recente annuncio del nuovo circuito Qatar Equestrian Tour che da gennaio ad aprile del 2026 metterà in calendario una serie di appuntamenti con un montepremi complessivo di ben 10 milioni di euro.
L’inizio di questo cammino però parte da lontano (parliamo sempre di salto ostacoli) e si sviluppa lungo tappe piccole e grandi ma in ogni caso chiaramente individuabili. Come nel caso di tutti gli sport e di tutte le nazioni, le Olimpiadi offrono un significativo riscontro circa la crescita sportiva di un movimento agonistico su scala internazionale. E dunque anche in questo caso specifico possiamo utilizzare la competizione a cinque cerchi per tracciare il cammino e l’evoluzione del mondo arabo sulla scena del salto ostacoli.
La prima presenza in assoluto alle Olimpiadi di un Paese arabo è quella dell’Egitto che riesce a essere in campo con la propria squadra in tre edizioni consecutive dei Giochi: a Helsinki nel 1952 con il 12° posto in classifica (e identico risultato individuale di Mohamed Khairi su Inchallah), a Stoccolma nel 1956 con l’11° posto (9° Mohamed Selim Zaki ancora su Inchallah), e quindi con il magnifico 4° posto di Roma 1960 (24° Mohamed Selim Zaki su Artos).
Dopo Roma ’60 si interrompe questo ciclo virtuoso e per incontrare una presenza araba bisogna arrivare al 1988 quando a Seul troviamo in campo a solo titolo individuale l’egiziano André Sakakini (cavaliere oggi italiano di passaporto sportivo) al 60° posto su Tric Trac; lo stesso Sakakini è in gara anche a Barcellona 1992 classificandosi ancora al 60° posto su Getaway.
Il ritorno di una squadra araba nella competizione a cinque cerchi si registra ad Atlanta 1996, trentasei anni dopo Roma ‘60: è quella dell’Arabia Saudita che ottiene il 18° posto, con Khaled Al Eid miglior proprio rappresentante in trentesima posizione su Khashm Al Aam (ex Eastern Knight). Ma è Sydney 2000 a celebrare la prima sensazionale medaglia araba nell’intera storia del salto ostacoli olimpico: nessuna squadra (araba) vi è presente, ma il saudita Khaled Al Eid su Khashm Al Aam si classifica al 3° posto alle spalle dell’olandese Jeroen Dubbeldam oro su De Sjiem e dell’ugualmente olandese Albert Voorn argento su Lando. Un risultato epocale. In gara anche l’ugualmente saudita Kamal Bahamdan al 65° posto su Chanel, l’egiziano André Sakakini 39° su Careful, e poi la prima presenza della bandiera della Giordania: grazie alla principessa Haya bint al Hussein (futura presidente della Fei) al 70° posto in sella a Lucilla II, ex cavalla del cavaliere azzurro Arnaldo Bologni.
Ad Atene 2004 non vi sono squadre arabe in gara: troviamo due individuali dell’Arabia Saudita (Kamal Bahamdan 43° su Casita e Ramzy Al Duhami 55° su Fall Khaeer), il giordano Ibrahim Hani Bisharat 53° su Qwinto e l’egiziano André Sakakini 61° su Casper. L’Arabia Saudita ripresenta una squadra che si classifica all’11° posto a Pechino nel 2008 (il miglior individuale è Ramzy Al Duhami al 22° posto su Allah Jabek, ex Jack de Rooses), con anche la presenza individuale per gli Emirati Arabi Uniti della principessa Latifah Al Maktoum al 48° posto su Kalaska de Semilly, del giordano Ibrahim Hani Bisharat 55° su Sam Sam e dell’egiziano Karim El Zoghby 70° su Aladin. Pechino dunque segna il record di presenze arabe a un’Olimpiade fino a questo momento, per la prima volta con le bandiere di quattro Paesi: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania ed Egitto.
SI arriva poi al formidabile risultato di Londra 2012: l’Arabia Saudita conquista la medaglia di bronzo! Prima medaglia di una squadra araba nella storia delle Olimpiadi: tra l’altro avendo in quarta posizione nella classifica individuale – dunque a un passo dal podio – un proprio componente, vale a dire Kamal Bahamdan su Nobless de Tess. A titolo individuale sono presenti anche l’egiziano Karim El Zoghby 51° su Wervel Wind, il siriano (prima volta per la bandiera della Siria) Ahmad Saber Hamcho 62° su Wonder Boy III, il giordano Ibrahim Hani Bisharat 66° su Vrieda.
Il 2016 vede per la prima volta ai Giochi Olimpici la presenza del Qatar: la squadra si classifica al 9° posto con un proprio rappresentante individuale, lo sceicco Alì Al Thani Bin Khalid, in sesta posizione su First Devision, mentre a titolo individuale l’egiziano Karim El Zoghby si classifica al 41° posto su Amelia e Abdelkebir Ouaddar su Quickly de Kreisker al 51° porta alle Olimpiadi per la prima volta la bandiera del Marocco.
Marocco che nel 2021 a Tokyo fa la sua prima comparsa olimpica con la squadra classificandosi al 13° posto (primo degli individuali al 60° posto El Ghali Boukaa su Ugolino du Clos). In Giappone c’è anche l’Egitto, la cui squadra fa dunque il suo ritorno dopo il 1960, ottenendo l’11° posto (migliore individuale al 19° posto Mouda Zeyada su Galanthos). A Tokyo quindi per la prima volta nella storia della competizione a cinque cerchi si registra la presenza di due squadre rappresentanti il mondo arabo. Un evidente e consistente segnale di crescita, ribadito a Parigi 2024 con il debutto olimpico degli Emirati Arabi Uniti (squadra al 18° posto, miglior risultato individuale la diciannovesima posizione di Omar Abdul Aziz Al Marzouqui su Enjoy de la Mure) e il 19° posto dell’Arabia Saudita (11° Ramzy Al Duhami su Untouchable). Presente a titolo individuale inoltre il siriano Amre Hamcho su Vagabond des Forets al 74° posto.